La Prima Cosa Bella (legata al Campobasso!)
La prima cosa bella che balza alla mente quando senti pronunciare “Campobasso Calcio”!
Abbiamo raccolto diversi articoli relativi al primo ricordo legato al Campobasso Calcio. Il risultato è una romantica carrellata di momenti che ognuno porta con sé. Qui sotto troverai gli integrali degli articoli pubblicati sullo speciale Centenario de L’Ululato “Un Secolo da Lupi”.
Ecco una raccolta di “Prime Cose Belle”!
Mi si chiede “La prima cosa bella…” che mi viene in mente relativa al Campobasso calcio.
Ebbene, la prima cosa bella del Lupo per quanto mi riguarda non può essere solo una.
C’è infatti una “prima cosa bella” per ogni determinato momento della mia esistenza a contatto con la “squadra della mia città” (che bello scriverlo!). “La prima cosa bella” è il primo ricordo in assoluto che ho riguardo il Campobasso: una finestra della casa di MariaPia Sandomenico (grande “esportatrice” di campobassanità in giro per l’Italia) che si affacciava esattamente sulla bandierina di uno dei due corner della porta sotto quella che fu poi definita “Curva Nord” del vecchio stadio Romagnoli. Da quella finestra, piccolino, cercavo di farmi spazio per vedere quell’evento che faceva letteralmente impazzire i “grandi”che invadevano ogni due domeniche la casa di questa simpatica signora che ci accoglieva tutti sempre con gioia e gentilezza.
“La prima cosa bella” è il boato che si sentiva fino a casa di mia nonna, a San Giovanni, quando il Campobasso segnava un gol al Romagnoli. “La prima cosa bella” è la mia prima presenza allo stadio. Prima in quello vecchio, nella tribunetta scoperta di fronte a quella coperta in calcestruzzo, e poi, indimenticabile, nello stadio nuovo, contro la Juventus, in quel pomeriggio gelido, seduto sui gradoni di accesso della Tribuna centrale insieme a tanti altri bambini sconosciuti cercando di riconoscere Platini e Boniek in mezzo alle colombe che, in volo dal prato, cercavano di trovare un rifugio al caldo.
“La prima cosa bella” è il mio primo “pezzo” sul Campobasso visto pubblicato sul giornale. La prima radiocronaca fuori casa, sapendo di avere l’esclusiva e che quindi tutti, non essendoci immagini in diretta, si immaginavano la partita in base a quello che la tua voce raccontava e“come” lo raccontava.
“La prima cosa bella” è quella mattina di attesa con la Pro Vasto, e poi il pomeriggio, in campo, sul prato, a sentire cosa trasmettevano quei 18mila(!) ai giocatori sul prato verde. E poi la festa, l’invasione, le interviste negli spogliatoi, la sfilata interminabile fino al centro città, la festa durata fino al giorno dopo.
“La prima cosa bella” è aver portato l’anno scorso allo stadio per la prima volta mio figlio. Spiegargli chi era il Campobasso, quale maglia avesse, il perché di quei colori. E rincuorarlo a fine gara perché “la squadra della sua città” ne aveva beccate 3 dagli avversari.
“La prima cosa bella” e, aggiungo, UNICA, che mi viene in mente parlando del Campobasso è sentire quel senso di appartenenza che ogni santissima volta mi fa commuovere quando ricordo le cose belle (poche ma intensissime), arrabbiare quando succedono (troppe volte!) quelle brutte ed avere la speranza perenne che un giorno ai dolci ricordi possa subentrare una esaltante realtà!
Buon compleanno Lupo mio! Sarai sempre “La (mia) prima cosa bella”.
Giorgio C. Mascione
La trasferta
Seguo il Campobasso dal 1974, ma la svolta arriva nel ’79 con la mia prima trasferta di campionato.
Ho 11 anni, con mio nonno partiamo per Salerno. Arriviamo nel catino del vecchio Vestuti a partita appena iniziata, il tempo di prendere posto che già i lupi sono sotto 1-0. Pareggia alla mezz’ora Nemo di testa. Resto in silenzio, siamo in mezzo ai tifosi di casa. Nel secondo tempo, la Salernitana torna in vantaggio con un gol fantasma: i rossoblù protestano, gli animi si scaldano sugli spalti. Mi giro, non vedo più mio nonno. E adesso? Ho 11 anni, sono solo in mezzo ai salernitani. Panico. Più tardi, riappare mio nonno. Che a pochi minuti dalla fine della partita, mi invita a seguirlo abbandonando lo stadio. Ai cancelli, sento un brusio. Torno indietro, salgo i gradoni e vedo i rossoblù in cerchio attorno al baffuto Scaini. Abbiamo pareggiato allo scadere, esulto dentro di me. Ho sofferto, avuto paura. Ma ne è valsa la pena.
Giuseppe Villani
Campione del Mondo!
I rigori con l’Olbia, 1975, in Coppa Italia. Prime emozioni forti per un bimbo di neanche nove anni. Il mio “eroe” ha una divisa nera, ha il numero uno sulle spalle. Domenico Lamia Caputo, detto “Mimì”. Prima ne para due, e poi si presenta sul dischetto. Un tiro secco, di destro, tra collo e punta. Una nuvoletta di polvere si alza prima che il pallone entri in rete. Il Campobasso è in semifinale. Ma per me è…campione del mondo!
Stefano Castellitto
Lupo vicentino
Seguivo il Campobasso sul “Pallone di Tutti” il pomeriggio su Rai tre. Nel 1997 durante le vacanze di Natale andai a vedere l’amichevole Campobasso Foggia 0-2, doppietta di Di Michele, e da lì ogni volta che potevo andavo. Arrivai fino a Taranto nel 2000 e da Vicenza seguo ogni domenica i risultati.
Alessandro Lancellotti
La sciarpa del Campobasso
Ricordo una sciarpa appesa al muro della stanza di mio zio: sopra c’era scritto “Cuc”.
Ricordo l’entusiasmo della gente, una città intera vestita di rossoblù, nella magia di una festa che fu gaudio e liturgia corale. Il Campobasso è parte di un sentimento più grande, di un’eredità più longeva, di una storia che ci abbraccia tutti così come una madre fa con la sua prole. Il Campobasso è traccia indelebile di un’identità preziosa per noi tutti, figli di questa città, nostra piccola patria.
Luigi Albiniano
Un momento indelebile
Un ricordo che porterò sempre nel mio cuore risale alla stagione 2007/2008 quando l’allora presidente Capone non esitò a mandare una delegazione della squadra presso l’ospedale civile di Pescara dove era ricoverato mio fratello Flavio, tifosissimo del Campobasso. Arrivarono mister Mario di Nola, Rosario Majella e molti altri per alleviare, almeno per qualche minuto, le sofferenze della malattia. Fu un momento di gioia che rappresentò una parentesi incancellabile negli occhi di Flavio e della mia famiglia. Il momento fu propizio, c’era una partita da giocare a Città Sant’Angelo, a due passi da Pescara, contro la Renato Curi Angolana ed il Campobasso si impose per 2-0 dedicando la vittoria proprio a lui. Grazie ancora di tutto CAMPOBASSO… e buon centenario!
Marco Bruni
La prima al Vecchio Romagnoli
La “prima cosa bella” è la mia “prima” al Vecchio Romagnoli dove, con la mia bandiera, che gelosamente conservo, fui definitivamente rapito da questa passione senza limiti. Auguri caro vecchio Lupo. 100 anni ma non li dimostri perché rinasci ogni domenica nella passione dei tuoi tifosi.
William Colasurdo
B come benvenuto, A come Serie A
Pensare al singolare è difficile, collegare una sola cosa bella al Campobasso Calcio è, per me, impossibile. Sono almeno sei le “prime cose belle” che mi legano al Lupo: alcune, le più lontane, vissute per osmosi grazie a mio padre, medico sociale del club fino al ’96, molte altre, le più recenti, vissute direttamente.
B come benvenuto, A come serie A. Sono nato quattro giorni dopo la promozione in serie B – 6 giugno 1982 – e i miei, contagiati da un entusiasmo senza precedenti e da un utopico ottimismo, decisero di affibbiarmi un nome con la A. Inutile sottolineare che servì a ben poco: la serie A, al momento, rimane ancora un bellissimo augurio.
Battesimo. La mia prima partita da spettatore. Non ricordo l’avversario, ricordo a malapena il frastuono, ce n’era così tanto che me la feci letteralmente sotto. Avevo poco meno di tre anni e mio padre, quella domenica in tribuna, fu costretto a scendere nello spogliatoio per lavarmi di sana pianta. Fu il mio primo sacramento: il battesimo al Vecchio Romagnoli.
Applausi magici. 1990, l’anno buio del calcio rossoblù. Si riparte dalla prima categoria dopo i fasti dell’era Molinari, allo stadio le presenze raggiungono il minimo storico con più persone sul campo che sugli spalti. Il silenzio è del tutto surreale, a tratti insopportabile. A romperlo, domenica dopo domenica, ci pensa Antonio ‘Barbone’ Santella, magazziniere tuttofare della gestione Scasserra. Era lui a far scorrere l’acqua nel fossato del Nuovo Romagnoli per far sì che il potente gorgoglìo sostituisse gli applausi alle squadre nel momento del saluto al pubblico. Funzionava, ci sentivamo tutti meno soli. E il Campobasso vinse tre campionati di seguito.
Under. Dopo la trafila di scuola calcio, nel ’99 vengo aggregato alla Juniores rossoblù. Dopo quella stagione, il Lupo di Berardo sbarca in serie C e rimango nella Berretti che finirà nel girone con Lazio, Castel di Sangro, Turris, Avellino e altre che non ricordo. Credo di aver collezionato al massimo dieci presenze, poca roba, ma quella maglia addosso… ahhh quella maglia addosso!
Ultras. Dopo l’esperienza diretta con la Berretti del Campobasso, lasciai il Molise per studio. Iniziai a lavorare per pagarmi le trasferte: erano gli anni della ricaduta in eccellenza e della risalita in D, 2002/2003/2004. Momenti splendidi con Brigata Fastidiosa e Smoked.
Oggi. Scrivo questo pezzo e lo faccio lavorando per la squadra della mia città. È la sesta cosa bella.
Andrea Zita