Lupus in Fabula: Santo Quicquaro, il bomber della rinascita
Il Campobasso di Scassera, dai campi polverosi della Prima Categoria alla Serie D
L’attaccante torese tra ricordi e aneddoti, dall’esonero di mister Oriente agli scontri di Venafro
Il Campobasso di Scassera fu una di quelle squadre che non hanno avuto la fortuna della ribalta nazionale e non hanno conosciuto le pagine patinate della storia, ma rappresentò ugualmente una pietra miliare per i nostri colori che, dopo il fallimento del 1990, rischiarono di non correre più su nessun campo di calcio. Invece Scasserra, che al Campobasso dedicò parte della sua vita già da calciatore, decise che il Lupo doveva ripartire, anche sedall’umile Prima categoria regionale.
In quella squadra c’era un giovane attaccante di Toro, il suo nome è Santo Quicquaro e i suoi 45 gol non solo riportarono in tre anni il Campobasso in serie D ma lo consegnarono alla storia come il bomber più prolifico dei rossoblù, dietro solo a Rosario Majella. “E non mi hanno conteggiato i gol che ho siglato in Coppa” – ci racconta con un sorriso, rituffandosi con gioia in quegli anni pieni di terreni polverosi e di ruvide sfide.“È stata una bellissima esperienza, venivo dai campionati pugliesi ma ho militato sempre nella rappresentativa giovanile di Toti e Oriente, da loro ricevetti la chiamata per diventare un giocatore del Campobasso. Conobbi la famiglia Scasserra, non ho parole per definire quella dirigenza che voleva a tutti i costi ripartire. Sono tanti i ricordi che mi porto dietro di quegli anni, tra gioie e anche rimpianti. Ancora oggi, ad esempio, mi viene da ripensare a una partita del campionato di Eccellenza. La panchina di Mario Oriente era a rischio, dopo un inizio campionato non esaltante. Andammo a giocare a Cerro a Volturno, partita ostica e complicata dove andammo in svantaggio. Io pareggiai all’ultimo minuto con un gol di tacco, ma non bastò per evitare l’esonero del mister. Era lui che mi volle al Campobasso e volevo fare di tutto per evitargli il dispiacere di lasciare quella panchina. La stagione proseguì senza intoppi e vincemmo il campionato con mister Gino Camarda”.
Erano anni dove l’agonismo, spesso, sfociava anche in episodi non proprio gratificanti. Lo ricorda bene Santo quel pomeriggio di follia a Venafro dove a causa degli scontri tra tifoserie e invasioni di campo si dovette sospendere la partita. “Il pubblico ci seguiva in casa e fuori – le sue parole – quel giorno a Venafro arrivarono in mille da Campobasso. La rivalità era accesa e sfociò in rissa. Ricordo che vennero rotti i vetri del pullman, arrivarono persone negli spogliatoi con ferite alla testa, la partita cominciò ma fu sospesa da lì a poco”. Un pensiero, infine, Santo non può che rivolgerlo ai tifosi del Lupo, che oggi continuano a seguire la squadra ovunque e nonostante le difficoltà. “Ai tifosi del Campobasso voglio dire di avere sempre fede e portare sempre nel cuore la propria squadra. Senza il tifo non si va da nessuna parte. Io vengo a seguire il Lupo appena posso e ti dico la verità, questa serie D è molto diversa da quella di una volta. I giovani di oggi hanno più corsa e forza fisica ma noi avevamo un attaccamento alla maglia che oggi fatico a vedere. La nostra squadra era formata maggiormente da molisani e posso garantire che per uno come me, che veniva da Toro, essere chiamato per giocare nel Campobasso equivaleva ad una chiamata nella Nazionale, non davo il 100% ma molto di più”.