Mister Pasinato racconta il suo Campobasso
La promozione in serie B e quella strana finale di Coppa Italia persa contro il Vicenza.
Compongo il numero, il prefisso è 0341, quello della provincia di Lecco. Il telefono squilla, risponde una signora, con tono gentile. “Buonasera, sono un giornalista di Campobasso”, e dall’altra parte della cornetta ascolto un’espressione mista tra stupore e felicità. Neanche il tempo di spiegarle il perché della telefonata e mi dice: “Purtroppo adesso Antonio non c’è, ha accompagnato il nipote al campo di calcio”. La sua voce gioiosa è di quelle che si regalano a vecchi amici che, inaspettatamente, ti fanno una sorpresa. Non ci conosciamo, ma è bastato pronunciare ‘Campobasso’ e in casa Pasinato è arrivato un pizzico di gioia in più. E così solo qualche ora dopo riesco a trovare il mister. Ascoltare la sua voce mi emoziona. Per me, che quel Campobasso lì me l’hanno solo potuto raccontare, è come parlare con un supereroe, un mito, una leggenda vivente.
Antonio Pasinato, il mister degli anni belli, in mister della Serie B. “Per me è sempre un’emozione ricordare i tre anni vissuti a Campobasso – le sue parole – sono arrivato dopo che la squadra aveva già disputato cinque partite se non sbaglio, ma i punti non arrivavano. A Campobasso ho trovato gente stupenda, posso dire davvero di essermi sentito a casa. E pensare che avevo qualche dubbio nel venire ad allenare lì. L’anno precedente avevo vinto il campionato a Caserta e il mio desiderio era quello di avvicinarmi a casa. Invece il destino ha voluto diversamente, oggi dico che aver allenato a Campobasso è stata la mia fortuna”. Tanti i ricordi che si mescolano nella memoria di chi ha portato i rossoblù a spadroneggiare in giro per l’Italia, negli stadi più blasonati contro squadroni che hanno fatto la storia. Era il Campobasso che fermava il Milan sullo 0 a 0 al San Siro, che vinceva a Bergamo con l’Atalanta, che batteva la Fiorentina e la Lazio e andava a Bari a fare la voce grossa. Ricordi che il tempo non sbiadisce. Orme indelebili segnate anche da calciatori formidabili. “La squadra che allenavo era molto forte – racconta mister Pasinato-, avevamo una società importante con Molinari e il direttore Aggradi che misero su una rosa davvero competitiva. Ricordo bene Maragliulo, un vero e proprio talento, tanto che lo portai con me a Brescia. Come non ricordare anche Di Risio e Scorrano, i ragazzi del posto, molto generosi. Ogni tanto mi sento ancora con Maestripieri, parliamo di calcio e del Campobasso”.
Poi un piccolo aneddoto: “Ricordo i festeggiamenti al vecchio Romagnoli nell’ultima di campionato, ma noi non avevamo ancora la piena certezza di essere in serie B. Si attendeva in quei giorni il ricorso per quella pietra scagliata dai tifosi della Nocerina che colpì alla testa Maestripieri. Noi, intanto, avevamo una finale di Coppa Italia da disputare contro il Lanerossi Vicenza. A me la notizia dell’accoglimento del ricorso arrivò poco prima della partita ma non feci trasparire nulla, tenendola nascosta alla squadra, non volevo che si distraessero in vista della partita. Quella finale la perdemmo ai tempi supplementari. A fine gara, rientrati tutti negli spogliatoi, annunciai la notizia e ci fu un entusiasmo enorme. Chi sa cosa avranno pensato i presenti. Strano festeggiare nello spogliatoio quando si è appena persa una finale, ma fu proprio così”.
Di tempo ne è passato da quei gloriosi giorni ma mister Pasinato non ha smesso di seguire le sorti del Lupo: “Mi dispiace vederlo in serie D, come del resto in D c’è anche il mio Lecco. No, non credo sia la categoria giusta per voi”. Per il tecnico, intanto, il rapporto con il prato verde dei campi di calcio è ancora forte, nonostante il mondo del pallone sia mutato e tanto rispetto al passato. “Il calcio è cambiato – spiega – è cambiato nel ritmo, è molto più veloce. Quello che non mi piace oggi è che non c’è più rispetto per nessuno. Se non arriva un risultato, subito si contesta l’allenatore. Non c’è pazienza. Questo non lo trovo giusto. Oggi il calcio lo vivo con mio nipote, accompagnandolo al campo all’allenamento. Vado tutte le domeniche a vedere il Lecco, non me ne perdo una. Poi torno a casa e guardo i risultati delle squadre dove ho allenato, tra cui il Campobasso. Se posso dire qualcosa ai tifosi? li dico di star vicino alla squadra, sempre. Il Campobasso merita almeno una serie C, fosse anche di metà classifica, ma che sia serie C. Lo meriterebbe anche il Lecco a dirla tutta. Ecco, allora, spero che ci incontreremo in serie C e che possa essere questo il campionato giusto”. Poi un ultimo ricordo, dal quale trapela un pizzico di commozione. “Il vecchio Romagnoli, che grande stadio. La gente accalcata che quasi la avvertivi in campo. Quello era la nostra fortuna, non era mica facile fare punti lì. Al nuovo stadio venni nell’anno in cui allenavo il Brescia e mi fece una strana sensazione tornare da avversario a Campobasso. In quella occasione mi sono emozionato, rivedere tutta quella gente con la quale ho condiviso momenti bellissimi mi commosse. Se tornerò di nuovo in Molise? Non lo so, non faccio più viaggi lunghi. Ma sai che ti dico? Mai dire mai”.
Intervista a cura di Andrea Vertolo